Buon pomeriggio, Shadowhunters!
Pronti a leggere la lunga lettera che Julian ha inviato a Mark? ;P Sappiate che contiene strani riferimenti a una paletta da pesce(?), che un centinaio di anni fa è stata regalata a… no, okay, abbiamo già detto troppo – il resto dovrete scoprirlo da soli. Buona lettura!
Caro Mark,
Ehi, come stai? Volevo aggiornarti sulla situazione qui a Blackthorn Hall, e chiederti pure come va lì al Cottage Poliamoroso, per usare le parole di Emma. Tra parentesi, pensiamo che voi ragazzi dovreste cominciare ad abbracciare l’idea; magari potreste chiamare la casa proprio Polyam House, o anche Maison de Beaucoup Amours.
Scusa, ti sto solo prendendo un po’ in giro. Sai bene che vi adoriamo e che amiamo il fatto che stiate insieme. Ci mancate, e non vediamo l’ora di venire a trovarvi al vostro Palazzo Del Sesso non appena sarà possibile.
Nel frattempo, ho una storia per te – una storia in cui uno stregone aveva torto. Davvero tanto, tantissimo torto.
Come ben sai, ci resta solo un oggetto da trovare tra quelli che Tatiana ha utilizzato per alimentare la maledizione di Blackthorn Hall. Ragnor Fell ci ha indicato i due punti in cui si intersecano delle linee di prateria nella parte centrale di Londra che gli sembravano più papabili per la nostra ricerca. Uno ci ha (alla fine) condotti da dei candelieri dei Lightwood. L’altro puntava invece a una casa qualunque in un vicolo di Soho, identificata da Ragnor come l’ubicazione dell’“Hell Ruelle”. Ci ha detto di conoscerlo; era una qualche sorta di club per Nascosti – un “salotto” dove i Nascosti potevano andare a discutere di arte e politica, scommettere, bere e guardare altri Nascosti danzare eroticamente: parole sue, non mie. Ci ha dato l’impressione che ai suoi tempi fosse alquanto scandaloso, conosciuto non solo per ogni genere di sconcio eccesso, ma pure perché attraeva i Nascosti più importanti e famosi della città. Insomma, a metà tra un simposio accademico e un club di burlesque, che è aperto 24 ore al giorno e serve alcool. Era evidente dal suo tono quanto disapprovasse quel posto, ma, visto che mi risulta che Ragnor non approvi quasi mai nulla, la cosa non ci ha sorpresi granché.
Ci ha detto anche quanto poco amassero gli Shadowhunters, quindi io ed Emma abbiamo indossato gli abiti per noi più adatti a un club di Soho – lei si è messa un vestitino a fiori, mentre io ho afferrato un paio di cose dal Guardaroba Trendy Anni Sessanta, perché credo che a questo punto quei vestiti abbiano un che di hipster – e poi siamo usciti a un orario che pensavamo sarebbe stato affollato, circa alle dieci di venerdì sera.
Eeeee abbiamo scoperto che le informazioni di Ragnor non erano molto aggiornate. L’Hell Ruelle è ancora un club, e resta sì un club per Nascosti, ma adesso è di tutt’altro genere. Il genere pieno di uomini decrepiti che leggono il giornale su delle poltrone di pelle. Uomini vecchi Nascosti, quantomeno. Qualche licantropo dai capelli bianchissimi, dei vampiri vestiti come se fossero nel 1840 (o come se stessero per andare a una convention di cosplayer) e un paio di fate che, francamente, somigliano più a della gigantesca frutta disidratata che ha capito come leggere un quotidiano. Qui e là ci sono degli angoli nascosti che ipotizzo venissero usati per incontri segreti, rendez-vous e via dicendo, ma oggi sono principalmente occupati da prugne rinsecchite e irritate che si lamentano con camerieri altrettanto rinsecchiti perché la zuppa non è abbastanza calda.
Ovviamente c’è ancora una zona bar. Ed è rimasto pure il gioco d’azzardo, anche se oggi sembrano perlopiù dedicarsi al bridge. Credo che il poker sia un po’ troppo energico per questa gente. A ogni modo, non ho idea di cosa abbiano pensato di noi; io ed Emma credevamo che si sarebbero lamentati dei nostri vestiti o perché siamo degli Shadowhunters, ma nessuno ci ha prestato la benché minima attenzione. Ce ne siamo persino andati in giro con il Sensore in mano, puntandolo verso gli oggetti; nessuna reazione, però.
Il Sensore è partito un paio di volte, ma sempre in punti a caso dell’edificio, mai vicino a degli oggetti: Emma ha ipotizzato che si trattasse di altri fantasmi per noi non rilevanti. In effetti, il Ruelle sembra proprio il genere di posto dove risiedono un mucchio di fantasmi.
Infine, il Sensore ha finalmente reagito vicino a un oggetto vero e proprio. Per sfortuna, però, si trattava di una scatola di cartone – un po’ più piccola di quelle delle scarpe, sistemata in cima a dei vecchi libri sullo scaffale di una libreria; scatola, libri e scaffale erano tutti e tre ricoperti di una notevole quantità di polvere. Sembrava che la scatola fosse stata impacchettata per fare un regalo – era coperta da una carta oro brillante, e intorno aveva una specie di fiocco –, ma dopo averla aperta ci siamo resi conto che era completamente vuota.
Non sapevamo che fare. Ho pensato che magari fosse la scatola stessa a far parte degli oggetti maledetti, ma era un’idea ridicola. Doveva trattarsi dell’oggetto che si era trovato al suo interno. Alla fine, abbiamo trovato il coraggio di chiedere al barista se potessimo parlare con un responsabile; lui è sorprendentemente andato sul retro a chiamarlo, senza farci alcuna domanda. Suppongo che non succeda granché di interessante, lì, e che il barista fosse felice di avere qualcosa da fare.
In ogni caso, oggigiorno l’Hell Ruelle è gestito da uno stregone di nome Zebulon Spoon, e il suo marchio è una testa da gatto. Nel senso, anziché essere da essere umano, la sua testa ha la forma di quella di un gatto, con occhi giganteschi, vibrisse e pelliccia. In cima ha orecchie da gatto, ma ripiegate su loro stesse, un po’ come quelle dei cani. Indossava pure un elegante cappello marrone con dei fori da cui far uscire le orecchie. (“A Magnus è andata bene con il suo marchio da stregone,” è la conclusione più importante che ho tratto da questa faccenda.)
Comunque non ha né miagolato né niente di simile; si è limitato a socchiudere gli occhi per osservarci e ha chiesto cosa volessimo. Si è messo a elencare tutte le licenze del Ruelle e a spiegare che lì tutti supportano gli Accordi: mi sembra evidente che in passato il club debba aver impedito ad alcuni Shadowhunters di diventare soci. Lo abbiamo tranquillizzato, chiarendo che non era quello il motivo per cui ci trovavamo lì e che stavamo solo facendo delle ricerche sulla storia delle nostre famiglie, che ci avevano condotto fino alla scatola – e che non eravamo sicuri di cosa si fosse trovato al suo interno, né di dove fosse finito l’oggetto.
Spoon ci ha rivolto un verso di disapprovazione – ha fatto proprio uff – e poi ha detto: “In effetti conosco quella scatola. Pensavo che fosse stata buttata una vita fa. Conteneva una paletta da pesce.”
“Cioè, tipo un coltello?” ha chiesto Emma.
Spoon sembrava oltraggiato. “Tipo una paletta da pesce,” ha ribadito, in un tono che suggeriva che ci ritenesse due idioti.
Per fortuna Emma aveva portato con sé il telefono, e il tutto si è rivelato un problema di comprensione tra l’inglese britannico e quello americano. Qui, per “paletta da pesce” si intende… beh, una spatola.
“Qualcuno ha dato una spatola in regalo?” ho chiesto. “Una spatola e basta?”
Lo stregone è parso oltraggiarsi un po’ di più a ogni domanda. “Questa paletta da pesce era in argento sterling,” ha sottolineato. “Tanto tempo fa, è stata il regalo di nozze di alcuni Shadowhunters per degli altri Shadowhunters. Devono essere passati cento o più anni. Ecco, mi sembra che ci siano i nomi sulla scatola, ammesso che siano ancora leggibili.”
Aveva ragione. Su un lato c’era dell’inchiostro: la scritta era notevolmente sbiadita dal tempo, ma siamo comunque riusciti a distinguere: “Congratulazioni, W&T, con tanto amore da Henry e Charlotte”.
“Chi erano Henry e Charlotte?” ha chiesto Emma.
“Non ne ho idea,” ha risposto Spoon. “È successo decadi prima che nascessi io. Ho solo settant’anni, sapete.”
“Un vero e proprio pulcino,” ho commentato io, e lui mi è parso compiaciuto. Qualunque cosa pur di farlo continuare a parlare, suppongo.
“Come dicevo, non saprei come il regalo sia finito qui,” ha aggiunto Spoon. “Quando sono arrivato, l’ho trovato all’interno della Stanza della Magia Oscura.”
Gli abbiamo ovviamente chiesto cosa fosse questa “Stanza della Magia Oscura”.
“Sapete, no?” ha risposto lui. “La Stanza della Magia Oscura. Ci vengono lasciate un mucchio di cianfrusaglie, e la maggior parte di quella roba trasuda magia nera. Chiaramente nessuno dello staff è interessato ad avere a che fare con la magia oscura. Quindi teniamo tutto nella Stanza della Magia Oscura, che in passato credo che fosse una dispensa, ma da tempo è stata dotata di forti difese. Ogni tanto capita qualcuno venga a cercare un oggetto che ha perso, quindi noi li teniamo… al sicuro.”
Dallo sguardo che mi ha rivolto, ho subito capito. Non si tratta di un semplice reparto per gli Oggetti Smarriti. Tengono gli artefatti di magia oscura al sicuro… dagli Shadowhunters, perché non li trovino e indaghino.
“Quanto spesso succede, oggi?” ha chiesto Emma, dando voce ai miei pensieri. Gli ospiti del locale non danno proprio l’impressione di portare quel genere di emozioni.
“Beh, un tempo il Ruelle era molto diverso,” ha ammesso Spoon. “Abbiamo lavorato moltissimo, negli anni, per renderlo un posto più rispettabile, dove i Nascosti possono trovare un po’ di pace e tranquillità. Ho scoperto che ormai sono un lusso sempre più raro, la pace e la tranquillità. Al giorno d’oggi è facile trovare intrigo e avventura in qualunque altra parte della città.”
“Ci stavi parlando della Stanza della Magia Oscura,” gli ho educatamente ricordato. “E della paletta da pesce.”
“Infatti,” ha risposto Spoon, socchiudendo gli occhi. “Come dicevo, quando sono arrivato io abbiamo stabilito una nuova politica per la Stanza della Magia Oscura. Qualunque cosa sia più vecchia di un centinaio di anni viene gettata. O almeno non resta qui. Saremo pure immortali, ma ho la sensazione che, se un vampiro o uno stregone non ha bisogno di un oggetto per un centinaio di anni, probabilmente non gli servirà neanche in seguito.” Abbiamo annuito in assenso. Spoon ha incrociato le braccia. “Quindi ho scambiato la paletta da pesce con un phouka, in cambio di un cappello.”
L’ultima frase è arrivata così a bruciapelo da farmi semplicemente rispondere: “Che?”
“Ho scambiato la paletta da pesce,” ha ripetuto Spoon, in tono ragionevole, “con un phouka. In cambio di un cappello. Di questo cappello, in effetti. Come vedete, ha dei fori per permettere alle mie orecchie di uscire.”
Emma ha annuito, pensierosa, in un modo che suggeriva che non avesse idea di cosa dire. “Non avresti potuto semplicemente fare dei buchi per le orecchie in un cappello normale?”
Ovviamente no, ha spiegato Spoon. “Avrebbe rovinato il cappello,” ha dichiarato. “Questo è stato realizzato così. Inoltre, come vi stavo dicendo, volevo sbarazzarmi della paletta da pesce. In tutta franchezza, snervava le sirene. Quando me ne sono liberato si sono sentite molto sollevate. Non volevano essere sfilettate.”
“Ma la paletta da pesce non è affilata,” ha ribattuto Emma. “È solo una spatola.”
“Taglia quel che deve tagliare,” ha detto Spoon. “Le snerva. E la tensione le sfiletta fino all’osso!” E poi ci è toccato aspettare per un minuto intero che finisse di ridere della sua battuta.
Ed eccomi finalmente giungere al cuore della lettera: stiamo tentando di rintracciare questo phouka, e speriamo che Kieran abbia qualche idea. È un phouka che… fa cappelli? Magari gli piace agitare qua e là una spatola d’argento? So che è un salto nel vuoto, ma non abbiamo altro a cui appigliarci. Non vogliamo spaventarlo, quindi, in caso lo trovaste, ditegli che abbiamo intenzione di commissionargli dei cappelli. Cioè, buchi per le orecchie da gatto non ce ne servono, però sembra sapere il fatto suo, in quanto a cappelli.
Tutto il mio affetto a K e C. Spero di ricevere presto una tua risposta.
J
[…] Buon pomeriggio, Shadowhunters! Quest’oggi abbiamo per voi un messaggio molto importante: la risposta che Kieran ha dato a Julian (ricordate la richiesta d’aiuto che quest’ultimo aveva inviato a Mark?)! […]
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