Come vi avevamo anticipato in pagina, Shadowhunters, abbiamo tradotto il primo capitolo di The Copper Gauntlet (seguito di Magisterium: The Iron Trial – in Italia, L’Anno di Ferro), rilasciato lunedì da Cassandra.
Prima di lasciarvi alla traduzione, due piccole note:
1) NON PRELEVATE LA TRADUZIONE. Se avete una pagina/un blog/un sito e volete condividerla con i vostri lettori, pubblicate il link. NON RICARICATE IL NOSTRO LAVORO, con o senza i crediti (in special modo senza i crediti);
2) non ho mai letto The Iron Trial in italiano. Mentre traducevo ho quindi dato un’occhiata sommaria per controllare alcune rese (ad esempio, “Havoc”, che in italiano è stato ribattezzato “Subbuglio”) – ma se qualche parola dovesse differire, sapete il perché. 😉
Detto ciò… buona lettura!
Per Ursula Annabel Link Grant,
per metà bambina di cinque anni, per metà fuoco
CAPITOLO UNO
Call tolse un oleoso pezzo di salsiccia piccante dalla sua fetta di pizza e fece scivolare la mano sotto al tavolo. Immediatamente si sentì leccare dalla lingua umidiccia di Subbuglio mentre il lupo del Caos ingollava il cibo.
“Non sfamare quella cosa,” gli disse in tono burbero il padre. “Uno di questi giorni ti staccherà la mano.”
Call accarezzò la testa di Subbuglio, ignorando il genitore. Di recente Alastair non era contento di Call. Non voleva sentir parlare del tempo che aveva trascorso al Magisterium. Odiava il fatto che Call fosse stato scelto come apprendista da Rufus, il suo ex magister. Ed era stato sul punto di strapparsi i capelli quando Call era tornato a casa con un lupo del Caos.
Durante tutta la vita di Call, c’erano sempre stati solo lui, suo padre e le storie che gli raccontava su quanto fosse maligna la sua vecchia scuola – la stessa scuola che adesso frequentava Call, sebbene avesse fatto del suo meglio per non essere ammesso. Di ritorno dal primo anno di Magisterium, Call si aspettava di trovare il genitore arrabbiato, ma non aveva immaginato quanto avrebbe risentito dell’avere il padre così furioso. In passato andavano d’accordo senza sforzo. Ora ogni cosa sembrava… tesa.
Call sperava che questo dipendesse solo dal Magisterium. Perché l’altra opzione era che Alastair sapesse che Call era segretamente malvagio.
L’intera faccenda dell’essere-segretamente-malvagio affliggeva pure Call. Un sacco. Aveva cominciato a stilare una lista nella sua testa – ogni prova a favore del suo essere un Signore Del Male veniva inserita in una colonna, quelle contro in un’altra. Aveva preso l’abitudine di controllare la lista prima di prendere una qualsiasi decisione. Un Signore Del Male berrebbe l’ultima tazza di caffè nel recipiente? Quale libro tirerebbe fuori dallo scaffale un Signore Del Male? Vestirsi tutto di nero era una mossa che ti identificava come Signore Del Male, o una scelta legittima, durante i giorni del bucato? La parte peggiore era che Call era certo che suo padre stesse giocando allo stesso gioco, sommando e risommando i Punti Da Signore Del Male di Call ogni volta che guardava nella sua direzione.
Ma Alastair poteva limitarsi a sospettare e basta. Non poteva averne la certezza. C’erano cose di cui solo Call era a conoscenza.
Call non riusciva a smettere di pensare a ciò che gli aveva detto Magister Joseph: che lui, Callum Hunt, era in possesso dell’anima del Nemico della Morte. Che lui era il Nemico della Morte, destinato a commettere atti malvagi. Persino nella confortevole cucina gialla in cui lui e suo padre avevano mangiato insieme migliaia di pasti le parole continuavano a risuonare nelle sue orecchie.
L’anima di Callum Hunt è morta. Costretta fuori dal tuo corpo, si è prosciugata ed è morta. L’anima di Constantine Madden ha messo radici ed è cresciuta, neonata e intatta. Da allora, i suoi seguaci hanno fatto di tutto per far sì che Constantine non sembrasse sparito dal mondo, in modo che tu restassi al sicuro.
“Call?” chiese suo padre, fissandolo in modo strano.
Non guardarmi, avrebbe voluto dirgli Call. E al contempo voleva chiedergli, Cosa vedi quando mi guardi?
Lui e Alastair si stavano dividendo la pizza preferita di Call, quella col salame piccante e l’ananas, e normalmente avrebbero parlato dell’ultima avventura in città di Call, o di qualunque progetto di riparazione avesse Alastair in garage in quel momento, ma al momento Alastair non stava parlando, e Call non riusciva a trovare niente da dire. Gli mancavano i suoi migliori amici, Aaron e Tamara, ma non poteva parlare di loro davanti al padre, perché facevano parte di quel mondo magico che Alastair odiava.
Call saltò giù dalla sedia. “Posso andare sul retro con Subbuglio?”
Alastair guardò con fare accigliato il lupo, che un tempo era stato un adorabile cucciolo e adesso si era trasformato in un longilineo mostro adolescente, che occupava un sacco di immobili sotto al tavolo. Il lupo guardò il padre di Call coi suoi occhi da creatura del Caos, la lingua che penzolava dalla bocca. Uggiolò leggermente.
“Molto bene,” disse Alastair con un sospiro sofferto. “Ma non starci troppo a lungo. E sta’ lontano dalle persone. La nostra unica possibilità di evitare che i vicini facciano storie è tenere sotto controllo le circostanze in cui Subbuglio è in vista.”
Subbuglio balzò in piedi, e le sue unghie sfregarono contro al linoleum mentre si avvicinava alla porta. Call ghignò. Sapeva bene che avere la rara devozione di una bestia del Caos valeva un sacco di Punti Da Signore Del Male, ma non riusciva a pentirsi di averlo tenuto.
Naturalmente, quello era uno dei problemi dell’essere un Signore Del Male. Ti dispiaceva sempre per le cose sbagliate.
Call si sforzò di non pensarci mentre usciva in giardino. Era un tiepido pomeriggio estivo. Il retro era pieno di fitta erba verde troppo cresciuta; Alastair non era molto meticoloso riguardo al tagliarla, dal momento che era più il tipo di persona interessato a tenere i vicini lontani che quello che condivide consigli su come falciare il prato. Call si divertì lanciando un bastoncino a Subbuglio e facendoselo riportare da lui, tutto scodinzolante e con gli occhi scintillanti. Se solo avesse potuto, avrebbe corso insieme al lupo, ma la sua gamba danneggiata gli impediva di muoversi troppo. Subbuglio sembrava capirlo, e di rado correva fuori dalla sua portata.
Dopo aver fatto riposare un po’ Subbuglio, attraversarono la strada insieme diretti verso un pezzo del prato, e Subbuglio corse verso dei cespugli. Call si frugò le tasche in cerca di qualche busta di plastica. I Signori Del Male di sicuro non raccoglievano i bisogni dei loro cani, quindi ogni passeggiata valeva come un segno sotto la colonna del bene.
“Call?”
Call si voltò, sorpreso. Si sorprese ancor di più notando chi gli stava parlando. I capelli biondi di Kylie Myles erano tenuti indietro da due fermagli a forma di unicorno, e lei teneva in mano un guinzaglio rosa. All’altra estremità c’era quello che apparentemente sembrava una piccola parrucca bianca, ma magari si trattava di un cane.
“Tu – uh,” disse Call. “Conosci il mio nome?”
“Ho la sensazione di non averti visto in giro, di recente,” rispose Kylie, dopo aver presumibilmente deciso di ignorare la sua confusione. Abbassò la voce. “Ti sei trasferito? Alla scuola di ballo?”
Call esitò. Kylie aveva partecipato con lui alla Prova di Ferro, la prova d’ingresso per il Magisterium, ma lui l’aveva passata e lei no. A quel punto i maghi l’avevano trasferita in un’altra stanza, e da allora Call non l’aveva più rivista. Chiaramente Kylie ricordava Call, visto che lo stava osservando con aria confusa, ma lui non sapeva di preciso cosa credesse lei. Le avevano sicuramente alterato i ricordi prima di rilasciarla nella popolazione.
Per un folle momento, Call immaginò di dirle tutto. Raccontarle di come avevano cercato di entrare in una scuola di magia, e non di ballo, e di come Magister Rufus l’aveva scelto, sebbene il suo punteggio fosse decisamente più basso di quello di lei. Gli avrebbe creduto se le avesse parlato di com’era la scuola, e di cosa si provava a essere in grado di plasmare il fuoco con le mani o volare per l’aria? Pensò di dirle che Aaron non era solo il suo migliore amico, ma pure il Makar, il che era una faccenda davvero grossa, perché significava che Aaron era uno dei pochissimi maghi in vita in grado di lavorare con l’elemento del caos.
“La scuola è okay,” mormorò, scrollando le spalle, non sapendo che altro dire.
“Mi sorprende che tu sia riuscito a entrare,” rispose lei; gli guardò la gamba, e poi cadde in un silenzio imbarazzato.
Call provò una familiare ondata di rabbia, e ricordò esattamente cosa si provava a frequentare la sua vecchia scuola, dove nessuno credeva che sarebbe potuto essere bravo a fare qualcosa di fisico. Sin da quando Call aveva memoria, la sua gamba sinistra era stata più corta e debole dell’altra. Camminarci sopra gli faceva male, e nessuno degli innumerevoli interventi a cui si era sottoposto aveva aiutato granché. Suo padre gli aveva sempre detto di essere nato così, ma Magister Joseph gli aveva raccontato qualcosa di diverso.
“Sta tutto nella forza della parte alta del corpo,” ribatté altezzosamente, sebbene non sapesse cosa intendeva davvero.
Kylie annuì, però, con gli occhi sbarrati. “Cosa si prova? Ad andare a una scuola di ballo?”
“È dura,” le rispose. “Tutti ballano fino a collassare. Mangiamo solo frullati di uova crude e proteine del grano. Ogni venerdì c’è una gara di ballo, e quello che resta in piedi riceve una barretta di cioccolato. E dobbiamo pure guardare di continuo film sul ballo.”
Lei stava per rispondergli qualcosa, ma venne interrotta da Subbuglio che saltava fuori dai cespugli. Aveva un bastoncino tra i denti, e i suoi occhi erano enormi e scintillanti – sfumature d’arancio, giallo, e rosso fiamme dell’inferno. Mentre Kylie lo fissava, gli occhi spalancati, Call capì quanto dovesse sembrarle grande Subbuglio, quanto fosse ovvio che non era un cane o un comune tipo di animale domestico.
Kylie urlò. Prima che Call potesse dire una parola, Kylie corse via dal prato e si precipitò giù per la strada; quella zazzera bianca del suo cane a stento riusciva a starle dietro.
Basta fare il carino con i vicini, per il momento.
Per quando tornò a casa, Call aveva deciso che tra le menzogne dette a Kylie e lo spavento che le aveva fatto prendere, aveva perso tutti i punti positivi ottenuti raccogliendo i bisogni di Subbuglio.
Quel giorno lo stava vincendo la colonna del Signore Del Male.
“Va tutto bene?” gli chiese suo padre, notando l’espressione di Call mentre chiudeva la porta.
“Sì, bene,” rispose avvilito Call.
“Bene.” Alastair si schiarì la voce. “Pensavo che potremmo uscire, stasera,” disse. “Andare al cinema.”
Call era sorpreso. Non avevano fatto granché, da quando era tornato a casa per le vacanze estive. Alastair, con l’aria di uno sprofondato nella desolazione, si era trascinato giorno dopo giorno dalla sala TV al garage, dove aveva sistemato e fatto splendere come nuove delle auto che poi aveva venduto ai collezionisti. A volte Call aveva preso il suo skate e pattinato di malavoglia per la città, ma niente gli sembrava abbastanza divertente, se paragonato al Magisterium.
Aveva persino cominciato a sentire la mancanza del lichene.
“Che film vuoi vedere?” gli chiese Call, immaginando che un Signore Del Male non si interessi ai gusti cinematografici degli altri. Doveva pur valere qualcosa.
“Ce n’è un nuovo. Con le astronavi,” rispose suo padre, sorprendendo Call con la sua scelta. “E magari potremmo lasciare quel tuo mostro al canile, strada facendo. E scambiarlo con un grazioso barboncino. O pure con un pitbull. Qualsiasi cosa, purché non sia rabbioso.”
Subbuglio guardò Alastair minacciosamente, un vortice di colori negli occhi soprannaturali. Call pensò al cane parrucca di Kylie.
“Non è rabbioso,” disse Call accarezzando il collo di Subbuglio. Il lupo si gettò per terra e rotolò sulla schiena, la lingua a penzoloni, così che Call potesse grattargli la pancia. “Può venire? Può aspettarci in auto col finestrino abbassato.”
Accigliato, Alastair scosse il capo. “Assolutamente no. Lega quel coso in garage.”
“È un lui, non un coso. E scommetto che gli piacerebbero i popcorn,” rispose Call. “E i vermi gommosi.”
Alastair diede un’occhiata al suo orologio, poi indicò il garage. “Beh, magari dopo puoi portargliene due, a quel coso.”
“Lui!” Con un sospiro, Call portò Subbuglio nell’officina in garage di Alastair. Era uno spazio enorme, più enorme della stanza più grande della casa, e odorava di olio e benzina e legno vecchio. Il telaio di una Citroën riposava su dei blocchi, privo degli pneumatici e senza sediolini. Pile di manuali gialli sulla riparazione erano sistemate su degli antichi sgabelli, mentre i fari pendevano fuori dai loro spazi. Una bobina di corda stava fissata sopra a un assortimento di chiavi. Call la usò per fare un nodo morbido intorno al collare del lupo.
Si inginocchiò davanti a Subbuglio. “Torneremo presto a scuola,” mormorò. “Con Tamara e Aaron. E a quel punto tutto tornerà alla normalità.”
Il cane uggiolò come se avesse capito. Come se gli mancasse il Magisterium tanto quanto mancava a Call.
Call trovò difficile restare concentrato sul film, a dispetto delle astronavi, degli alieni e delle esplosioni. Continuava a pensare al modo in cui aveva guardato i film al Magisterium, con la magia dell’aria che proiettava le immagini sul muro della caverna. Dal momento che erano controllati dai maghi, al loro interno poteva succedere di tutto. Aveva visto Star Wars con sei finali diversi, e pellicole in cui i ragazzi del Magisterium erano proiettati sullo schermo e combattevano mostri, volavano con le auto e si trasformavano in supereroi.
Paragonato a loro, il film che stava guardando in quel momento sembrava un po’ piatto. Call si concentrò sui pezzi che avrebbe cambiato mentre si scolava tre Frullati Estremamente! Aspri Alla Mela e due contenitori grandi di popcorn con burro. Alastair fissava lo schermo con un’espressione di ragionevole orrore, non voltandosi neanche quando Call gli offrì alcune manciate di noccioline. Come conseguenza per aver mangiato da solo tutte le merendine, Call brulicava di zucchero quando tornarono all’auto di Alastair.
“Ti è piaciuto?” chiese Alastair.
“Era molto bello,” rispose Call, non volendo dare ad Alastair la sensazione di non aver apprezzato di essere stato trascinato a vedere un film che da solo non avrebbe mai guardato. “Il pezzo in cui la stazione spaziale è esplosa era grandioso.”
Ci fu un attimo di silenzio, non abbastanza lungo perché risultasse sgradevole, prima che Alastair parlasse di nuovo. “Sai, non c’è ragione per cui tu debba tornare al Magisterium. Hai imparato le basi. Potresti allenarti qui, con me.”
Call sentì il suo cuore sprofondare. Avevano già avuto questa conversazione, o delle sue varianti, un centinaio di volte, e non era mai andata a finire bene. “Penso che dovrei tornare,” gli disse il più neutralmente possibile. “Ho già attraversato il Primo Cancello, quindi dovrei concludere ciò che ho iniziato.”
L’espressione di Alastair si incupì. “Stare sotto terra non fa bene ai bambini. Tenuti al buio come vermi. La tua pelle diventerà pallida e grigia. I livelli della tua vitamina D caleranno. La vitalità ti verrà succhiata via dal corpo…”
“Sembro grigio?” Call prestava raramente attenzione a ciò che andava oltre le basi del suo aspetto – controllare di non avere i pantaloni al contrario e che i suoi capelli non fossero sparati in aria –, ma essere grigio gli sembrava negativo. Lanciò un’occhiata furtiva alla sua mano, ma pareva del suo solito beige rosato.
Alastair stava stringendo il volante con furia mentre svoltavano nella loro strada. “Cosa ti piace di quella scuola?”
“Cosa piace a te?” domandò Call. “Ci sei andato, e sai che non ho odiato ogni singolo minuto. Hai incontrato la mamma lì…”
“Sì,” rispose Alastair. “Avevo degli amici, lì. È questo ciò che mi piaceva.” Da quando Call aveva memoria, questa era la prima volta che ricordava di aver sentito suo padre dire che gli era piaciuto qualcosa della scuola di magia.
“Anche io ho degli amici, lì,” fece Call. “Qui non ne ho nessuno, ma lì sì.”
“Tutti gli amici con cui sono andato a scuola adesso sono morti, Call,” disse Alastair, e Call si sentì rizzare i peli sul retro del collo. Pensò ad Aaron, a Tamara e a Celia – e poi fu costretto a fermarsi. Era troppo orribile.
Non solo l’idea di loro morti.
Ma l’idea di loro morti per colpa sua.
Per colpa del suo segreto.
Del male dentro di lui.
Fermati, si disse Call. Erano arrivati a casa. C’era qualcosa di strano. Fuori posto. Call la osservò per un minuto prima di capire. Aveva lasciato la porta del garage chiusa con Subbuglio legato al suo interno, ma adesso era aperta, un grosso quadrato nero.
“Subbuglio!” Call afferrò la maniglia dell’auto e quasi cadde sul terreno, la gamba debole che tremava. Poteva sentire suo padre chiamarlo, ma non gli importava.
In parte zoppicando, in parte correndo, arrivò al garage. La corda era ancora lì, ma un’estremità era sfilacciata, come se fosse stata segata da un grosso coltello – o da un affilato dente da lupo. Call provò a immaginare Subbuglio tutto solo in garage, al buio. Abbaiando e aspettando che Call gli rispondesse. Call cominciò a provare una sensazione di gelo nel petto. Subbuglio non era stato legato granché, a casa di Alastair, e probabilmente questo l’aveva mandato fuori di testa. Forse aveva masticato la corda e si era gettato contro la porta finché questa non si era aperta.
“Subbuglio!” urlò di nuovo Call, più forte. “Subbuglio, siamo a casa! Adesso puoi tornare!”
Si guardò intorno, ma il lupo non uscì dai cespugli, né emerse dalle ombre che avevano iniziato a raccogliersi tra gli alberi.
Si stava facendo tardi.
Il padre di Call gli si avvicinò. Osservò la fune spezzata e la porta aperta e sospirò, passandosi una mano tra i capelli nero-grigi. “Call,” disse gentilmente. “Call, non c’è più. Il tuo lupo se n’è andato.”
“Questo non lo sai!” strillò Call, girandosi per osservare Alastair.
“Call…”
“Hai sempre odiato Subbuglio!” scattò. “Probabilmente sei felice di sapere che se n’è andato.”
L’espressione di Alastair si indurì. “Non sono felice di saperti triste, Call. Ma sì, quel lupo non era fatto per essere un animale domestico. Avrebbe potuto uccidere o fare seriamente male a qualcuno. A uno dei tuoi amici o, Dio non voglia, a te. Spero solo che corra nel bosco e non si diriga in città e cominci a sgranocchiare i vicini.”
“Sta’ zitto!” gli disse Call, anche se c’era qualcosa di vagamente confortante nell’idea che se Subbuglio avesse mangiato qualcuno, Call forse sarebbe riuscito a trovarlo in mezzo al trambusto. Spinse via quell’idea, aggiungendolo alla colonna del Signore Del Male.
Pensieri simili non servivano a nulla. Doveva trovare Subbuglio prima che succedesse qualcosa di male. “Subbuglio non ha mai fatto male a nessuno,” rispose invece.
“Mi spiace, Call,” disse Alastair. Sembrava sincero, e questo sorprese Call. “So che è da una vita che volevi un cucciolo. Forse se ti avessi lasciato tenere la talpa…” Sospirò di nuovo. Call si domandò se suo padre gli avesse impedito di avere un animale perché i Signori Del Male non dovrebbero averne. Perché i Signori Del Male non amano niente, e specialmente non le cose innocenti come gli animali. Come Subbuglio.
Call pensò a quanto dovesse essere spaventato Subbuglio – da quando Call l’aveva trovato, ancora cucciolo, non era mai rimasto da solo.
“Per favore,” supplicò Call. “Per favore, aiutami a cercare Subbuglio.”
Alastair annuì una sola volta, un brusco scatto della mascella. “Sali in macchina. Possiamo chiamarlo mentre giriamo lentamente per il quartiere. Magari non si è allontanato troppo.”
“Okay,” rispose Call. Guardò di nuovo il garage, sentendosi come se stesse trascurando qualcosa, come se avrebbe visto il suo lupo, se solo avesse fissato quel punto abbastanza a lungo.
Ma non importava quante volte girassero per il quartiere e quante volte lo chiamassero, Subbuglio non veniva fuori. Si fece sempre più buio, e a quel punto tornarono a casa. Alastair cucinò degli spaghetti per cena, ma Call non si sforzò di mangiarli. Riuscì a farsi promettere dal padre che avrebbero realizzato dei poster per cani scomparsi, il giorno dopo, anche se Alastair pensava che una foto di Subbuglio avrebbe fatto più male che bene.
“Le creature del caos non sono fatte per essere animali domestici, Callum,” gli disse dopo aver ripulito il suo piatto intatto. “A loro non importa delle persone. Non può importargli.”
Call non gli rispose, ma andò a letto con un nodo alla gola e una sensazione di terrore.
Fu un acuto piagnisteo a svegliare Call dal suo sonno inquieto. Si mise a sedere e afferrò Miri, il pugnale che teneva sempre sul suo comodino. Posò i piedi sul pavimento, trasalendo per il freddo.
“Subbuglio?” sussurrò.
Pensò di aver sentito un altro pianto, distante. Sbirciò fuori dalla finestra, ma tutto ciò che riusciva a vedere erano alberi ombrosi e oscurità.
Scivolò nel corridoio. La porta della stanza di suo padre era chiusa, e la linea che la divideva dal pavimento era buia. Call sapeva che questo non implicava che non fosse sveglio. A volte Alastair restava in piedi tutta la notte aggiustando cose nella sua officina al piano di sotto.
“Subbuglio?” sussurrò di nuovo Call.
Non ci fu nessun rumore in risposta, ma a Call venne la pelle d’oca sulle braccia. Riusciva a sentire che il suo lupo era nelle vicinanze, che Subbuglio era ansioso, spaventato. Call seguì quella sensazione, anche se non riusciva a spiegarla. Lo condusse giù nell’atrio, e verso le scale della cantina. Call deglutì con forza, strinse Miri e cominciò a scendere.
Aveva sempre avuto un po’ di paura del seminterrato, che era pieno di vecchi pezzi di auto, mobili rotti, case delle bambole, bambole da riparare e antichi giocattoli di latta che a volte venivano ronzando in vita.
Una striscia di luce gialla filtrava dalla porta che conduceva a un altro deposito di Alastair, ancor più pieno di spazzatura che non aveva ancora trovato il tempo di sistemare. Call si fece coraggio e zoppicò per la stanza; spinse la porta.
Non si muoveva. Suo padre l’aveva chiusa.
Il cuore di Call accelerò.
Non c’era motivo per cui suo padre avrebbe dovuto chiudere a chiave un ammasso di roba vecchia e mezza riparata. Proprio nessun motivo.
“Papà?” chiamò Call attraverso la porta, chiedendosi se Alastair non fosse lì dentro per qualche ragione.
Ma dall’altra parte sentì arrivare un trambusto totalmente diverso. Call fu preso da una furia terribile e soffocante. Prese il suo piccolo pugnale e cercò di premerlo nel vano della porta, tentando di spingere via i cardini.
Dopo un momento di tensione, la punta di Miri toccò il punto giusto e la serratura scattò. La porta era aperta.
Il retro del seminterrato non aveva più l’aspetto che Call ricordava. L’ammasso confuso di roba era stato rimosso, lasciando spazio per quello che a Call sembrava l’ufficio di un mago molto spartano. In un angolo stava una scrivania, con pile di libri vecchi e nuovi ammucchiate sopra. Dall’altra parte c’era una branda. E al centro, legato da delle catene e imbavagliato con una museruola di pelle dall’aria orribile, stava Subbuglio.
Il lupo balzò verso Call, uggiolando, ma le catene lo tirarono indietro. Call cadde in ginocchio, accarezzando con le dita la pelliccia di Subbuglio mentre cercava un modo per liberarlo dal collare. Era così felice di vedere Subbuglio e così sopraffatto dalla rabbia per ciò che suo padre aveva fatto da perdersi per un istante il dettaglio più importante.
Ma mentre scrutava la stanza in cerca del nascondiglio della chiave, vide finalmente ciò che avrebbe dovuto notare prima di ogni altra cosa. Anche la branda sulla parete in fondo aveva delle catene.
Catene della grandezza giusta per un ragazzo che a breve avrebbe compiuto tredici anni.
Oh Raziel! :crazy:
Non ce la farò di certo ad aspettare fino a novembre 😥
Devo sapere cosa succede! Ci sono solo catene della grandezza giusta per un ragazzo, o anche un ragazzo?! Nel qual caso, chi è il ragazzo? Non può essere la parte malvagia di Call – cioè, la parte ancora più malvagia di Constantine U.U -, vero?!
DEVO avere al più presto possibile il nuovo libro! :eager: :eager: :eager: :eager: :eager:
O almeno spero che Cassie posti qualche altro bello snippet… un altro intero capitolo… ma è sognare troppo, sì 🙁
:angelic:
Temo che le catene siano per Call – e che il padre abbia deciso di chiuderlo lì e non lasciarlo tornare al Magisterium. :/ Ovviamente, questa è una teoria!
Speriamo presto in qualche nuovo snippet (anche se la vedo dura: Holly è molto meno “generosa” di Cassie, da questo punto di vista, e non vuole che carichi troppi estratti! XD). <3
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