Buon pomeriggio, Shadowhunters! Novembre è ufficialmente iniziato e, come tutti mesi da un po’ di tempo a questa parte, ci regala una nuova storia su The Last Hours (in attesa che Chain of Gold arrivi in tutte le librerie il 3 marzo 2020 – no, non abbiamo ancora novità sulla data di uscita italiana, è ancora presto)!
Questa volta il racconto è un po’ particolare, perché si divide in due parte: la prima è questa qui, mentre la seconda arriverà all’inizio di dicembre. ;P Noi la troviamo una storia assolutamente deliziosa! Che ne pensate di Gideon e Will come padri? E quanto è inquietante Tatiana?
…e, soprattutto, quanto adorabile è Jesse? Non possiamo dirvi altro per non farvi spoiler di Chain of Gold, ma siamo certissime che lo amerete. <3
Buona lettura!
Londra, 1889
Will Herondale trasudava spirito natalizio, e questo Gideon Lightwood lo trovava davvero irritante.
Non si trattava solo di Will, in realtà; lui e sua moglie Tessa erano stati entrambi cresciuti come mondani fin quasi all’età adulta, e dunque i loro ricordi del Natale erano di famiglie affettuose e di delizie dell’infanzia. Si erano riempiti di spirito natalizio nel momento in cui, come ogni anno, era successo anche alla città di Londra.
I ricordi del Natale di Gideon erano perlopiù di strade troppo affollate, di quantità eccessive di cibo e di cantori mondani esageratamente ubriachi che avevano bisogno di venir salvati dagli elementi più pericolosi di Londra mentre passavano la notte a cantare, convinti che tutti i problemi e la cattiveria fossero spariti dal mondo finché poi non arrivava un demone Kapre camuffato da albero natalizio a mangiarseli. Solo per fare un esempio.
Nato e cresciuto come uno Shadowhunter, Gideon ovviamente non festeggiava il Natale, e aveva sempre sopportato l’ossessione di Londra per quella festività con una confusa indifferenza. Aveva abitato per la maggior parte della sua vita adulta a Idris, dove l’inverno aveva una sorta di profondità alpina, e non si trovavano da nessuna parte né ghirlande né cracker natalizi. L’inverno a Idris sembrava più solenne del Natale, e molto più antico. Era un suo aspetto insolito: sebbene la maggior parte degli Shadowhunters finisse col celebrare le feste dei mondani del luogo, o almeno quelle che invadevano tutto con decorazioni nelle strade e celebrazioni pubbliche, Idris non aveva nessuna festività. Gideon non ci aveva mai riflettuto; gli era sempre sembravo logico che gli Shadowhunters non si prendessero giorni di vacanza. Era questa la benedizione e la maledizione di essere uno di loro, dopotutto. Bisognava essere Shadowhunters per tutto il tempo.
Non sorprendeva che alcuni non riuscissero a sopportarlo e li abbandonassero per una vita mondana. Come il padre di Will Herondale, Edmund, in effetti.
E forse era questo il motivo per cui lo spirito natalizio di Will lo irritava così tanto. Aveva imparato ad apprezzare Will Herondale, e a considerarlo un buon amico. Si augurava che, quando i loro bambini fossero cresciuti, sarebbero a loro volta diventati amici, sempre ammesso che per allora Thomas fosse stato in salute. Ed era consapevole del fatto che Will si presentava deliberatamente come un uomo sciocco e piuttosto stupido, e che in realtà era una guida intelligente e attenta per il suo Istituto, e un guerriero più che capace contro i demoni.
Ma quando Will aveva iniziato a insistere perché tutti loro andassero a vedere le vetrine decorate di Selfridge, Gideon non aveva potuto che domandarsi se a conti fatti Will non avesse davvero una mente sostanzialmente frivola.
“A Oxford Street? Solo un paio di giorni prima di Natale? Sei impazzito?”
“Sarà uno spasso!” esclamò Will, con quella leggera ricaduta nel suo accento gallese che stava a indicare che era un po’ troppo entusiasta per il suo stesso bene. “Io porterò James, tu Thomas, e ci faremo una passeggiata. Potremmo bere qualcosa alla Devil sulla via del ritorno, che dici?” Diede un colpetto dietro le spalle a Gideon.
Era passato molto tempo dall’ultima volta in cui Gideon era stato in Inghilterra. Essendo uno dei più fidati consiglieri del Console, non solo viveva a Idris, ma aveva di rado l’opportunità di andarsene. Restava lì anche per permettere a suo figlio Thomas di respirare l’aria sana della foresta di Brocelind, e non quella di questa città sporca e nebbiosa.
Questa città sporca e nebbiosa, gli ripeté la voce echeggiante di suo padre nella testa, e Gideon si sentiva troppo stanco per zittirla come faceva di solito quando Benedict si infiltrava tra i suoi pensieri. Erano passati più di dieci anni, e ancora non voleva saperne di starsene in silenzio.
Anche suo fratello Gabriel abitava a Idris, ma i suoi motivi erano molto meno ovvi. Forse non era solo per l’aria cattiva; magari vivevano entrambi molto meglio a debita distanza dalla casa di Benedict Lightwood. E con la consapevolezza che la sua attuale abitante gli avrebbe a stento rivolto la parola.
Adesso Gideon era tornato a Londra insieme a Thomas, però: solo loro due, mentre Sophie e le ragazze erano rimaste a Idris. Aveva bisogno di consigli sul figlio, di persone con cui discutere con discrezione del problema. Doveva parlare con Will e Tessa Herondale, e con uno specifico Fratello Silente che poteva essere spesso incontrato in loro prossimità.
Ora si chiese se fosse stata una buona idea. “Una bella camminata tonificante” era esattamente il tipo di assurdità inglesi che si era aspettato che gli suggerisse Will per Thomas, ma “una bella camminata tonificante per le strade affollate di Londra tre giorni prima di Natale” era una sciocchezza di un livello per cui non era preparato. “Non posso portare Thomas in mezzo a quella calca,” rispose a Will. “Gli faranno perdere i sensi.”
“Non gli faranno perdere i sensi,” ribatté Will con fare sprezzante. “Starà bene.”
“E poi,” continuò Gideon, “ci fisseranno. I padri mondani in genere non portano i figli nelle carrozzine, sai.”
“Porterò mio figlio sulle spalle,” annunciò Will, “e tu farai lo stesso col tuo, e che l’Angelo protegga chiunque osi lamentarsene. L’aria fresca di Londra farà bene a tutti quanti noi. E sembra che le vetrine saranno un vero spettacolo, quest’anno.”
“L’aria fresca di Londra,” ripeté Gideon in tono asciutto, “è densa quanto la melassa e del colore della zuppa di piselli.” Ma alla fine acconsentì.
Aveva lasciato Thomas nella stanza dei bambini, dove Tessa aveva badato sia a lui che a James. Essendo più grande di un anno, Thomas non capiva sempre cosa James potesse o meno fare o capire. Tessa aveva temuto che James si sarebbe fatto male. Gideon, però, era più preoccupato per Thomas, che a dispetto della differenza d’età era più piccolo di statura di James. Ed era anche più pallido di lui, e meno robusto. Si era rimesso solo da poco dall’ultima delle sue terribili febbri, che aveva costretto un Fratello Silente a loro sconosciuto a recarsi nella loro casa di Alicante per esaminarlo. Dopo un po’, il Fratello Silente aveva detto loro che Thomas si sarebbe ripreso, ed era andato via senza aggiungere altro.
Ma Gideon voleva delle risposte. Mentre sollevava Thomas tra le braccia, non poté non pensare a come non pesasse quasi per niente. Era il più minuto tra tutti “i ragazzi”, ovvero il nome con cui Gideon pensava a tutti loro – a James; a Christopher, il bambino di suo fratello; e a Matthew, il figlio di Charlotte. Thomas era nato prematuro, e piccolo. La prima volta che gli era venuta la febbre erano stati terrorizzati, convinti che quella fosse la fine.
Thomas non era morto, ma non si era neanche rimesso del tutto. Restava un bambino delicato, di costituzione debole, incline ad ammalarsi. Sophie aveva lottato più di chiunque altro per bere dalla Coppa Mortale e diventare una Shadowhunter, ma ora si ritrovava costretta a combattere una battaglia contro la morte ancora peggiore accanto al letto del figlio. Continuamente.
Sospirando, portò suo figlio a recuperare i cappotti per la loro camminata tonificante natalizia.
*
Come previsto, Oxford Street era un manicomio di clienti a piedi, carrozze, persone dallo sguardo inebetito e gruppi minacciosi di cantori vaganti. Gideon li avrebbe immediatamente incantati per rendere tutto il gruppo invisibile agli occhi dei mondani (sebbene uno degli ammassi di cantori fosse ovviamente composto da licantropi, che avevano scambiato degli Sguardi Di Riconoscimento con Gideon), ma Will voleva ovviamente crogiolarsi nell’esperienza.
Anche James sembrava perlopiù intrigato dai suoni e dalle luci, e rideva e urlava in risposta allo scenario allegro da cui erano circondati. È proprio un ragazzo di Londra sin dalla nascita, rifletté Gideon, e poi aggiunse: beh, ma ero anche io un ragazzo di Londra dalla nascita, eppure trovo tutto questo trambusto eccessivo. Dal canto suo, Thomas se ne stava in silenzio e guardava tutto con occhi spalancati, tenendosi alle spalle del padre. Gideon non sapeva con certezza quanto Thomas fosse ancora indebolito dall’ultima febbre, o quanto si sentisse sopraffatto dalle folle. Per certi versi, quando non era malato, prendersi cura di Thomas era così semplice da far sentire in colpa; faceva storie assai di rado, limitandosi a guardare il mondo con quei suoi enormi occhi nocciola, come se fosse consapevole dalla sua impotenza e si augurasse di non venir notato.
Prima di parlare, Will aspettò che si fossero già uniti alla folla delle vetrate di Liberty e di aver strillato un gran numero di esclamazioni insensate di gioia, come: “Per Giove!”. Teneva James proprio davanti al vetro, per permettergli di esaminare nel dettaglio la scena, che sembrava ruotare intorno a un gruppo di bambini biondi che pattinavano su un fiume ghiacciato. Gideon aveva indicato delle cose a Thomas, che aveva sorriso in risposta.
Solo quando si furono fermati a comprare del sidro caldo da un venditore ambulante in una stradina laterale, Will chiese: “Ho sentito del figlio di Tatiana, Jesse. È una faccenda terribile. Le hai parlato?”
Gideon scosse il capo. “Sono quasi dieci anni che non parlo con Tatiana o torno in quella casa.”
Will fece un verso comprensivo.
“Non credo sia una coincidenza,” continuò Gideon.
“Che cosa?” domandò Will.
“Una coincidenza,” ripeté Gideon. “Il fatto che entrambi abbiamo dei bambini che sono… malati.”
“Gideon,” lo chiamò Will con fare ragionevole, “perdonami se te lo dico, ma queste sono un mucchio di sciocchezze.” Gideon sgranò gli occhi. “Per prima cosa, hai le tue bellissime figlie, e nessuna delle due si è ammalata più del solito da bambina. E poi tutto ciò che è successo a tuo padre è da imputare solo a lui stesso, è successo anni dopo la tua nascita e né tu né Gabriel eravate cagionevoli di salute.”
Gideon scosse il capo. Will era così buono, così deciso a risparmiargli le conseguenze dei peccati della sua famiglia. “Non sai fino a che punto sono arrivati,” disse. “Fino a che punto sono arrivati gli esperimenti di Benedict con la magia nera. Li portava avanti da quando ho memoria. La sifilide demoniaca è solo quello che resta più impresso, perché è stato davvero raccapricciante.”
“E anche perché noi eravamo lì,” aggiunse Will, “quando si è trasformato in un verme gigante.”
“Sì, anche per quello,” concordò cupamente Gideon. “Ma due bambini cagionevoli di salute, piccoli e fragili – non posso dire con certezza che si tratti soltanto di una coincidenza, e che tutto questo non abbia niente a che fare con le devastazioni di mio padre. Non posso correre questo rischio.” Guardò Will con fare implorante. “Ci sono voluti anni perché Jesse si ammalasse,” disse, “e Thomas si è ammalato già così tanto.”
Cadde un profondo silenzio. A bassa voce, Will disse: “Sembri intenzionato a fare qualcosa.”
“È così,” confermò Gideon, sospirando. “Devo controllare i documenti di mio padre, i registri di ciò che definiva il suo ‘lavoro’. Si trovano a Chiswick, e io devo andare lì a chiedere a Tatiana di darmeli.”
“Ti riceverà?” gli chiese Will.
Gideon scosse il capo. “Non lo so. Speravo che la sua rabbia si attenuasse, col tempo, e insieme a essa il risentimento. Mi auguravo che il fatto che il Conclave le avesse donato tutti i possedimenti e gli averi di mio padre le permettesse di trovare la pace.”
“Beh,” disse Will, “se ci vai, dovrai assolutamente lasciare Thomas con noi.”
“Non pensi che dovrebbe incontrare sua zia?” domandò con voce innocente Gideon.
Will lo guardò, serio in volto. “Non penso che lui, o che uno qualunque dei miei figli, dovrebbe mettere piede in quella proprietà!”
Gideon fu colto alla sprovvista. “Perché? Che cosa ha fatto Tatiana?”
Will rispose con voce cupa: “Piuttosto, ciò che non ha fatto.”
*
Gideon riusciva a capire il punto di vista di Will. Tatiana non aveva fatto assolutamente nulla alla casa. Niente per cambiarla, per pulirla o per preservarla in alcun modo. Anziché ripristinarla o ridecorarla secondo il suo gusto personale, Tatiana aveva semplicemente lasciato che marcisse, che si annerisse e che collassasse su se stessa, creando un monumento spettrale della rovina di Benedict Lightwood. Le finestre erano offuscate, come se all’interno infuriasse la nebbia; il labirinto era diventato un relitto scuro e contorto. Quando Gideon aprì il cancello, i cardini urlarono come un’anima tormentata.
Non lasciava presagire nulla di buono sullo stato emotivo della sua abitante.
Quando Benedict Lightwood era morto in disgrazia a causa degli ultimi stadi della sifilide demoniaca e la storia completa era stata rivelata al Conclave, Gideon aveva mantenuto un profilo basso. Non aveva voluto rispondere alle domande o ascoltare falsa compassione per il danno arrecato al cognome della sua famiglia. Non gli sarebbe dovuto importare. Aveva già saputo in precedenza la verità su suo padre. Eppure la cosa l’aveva colpito nell’orgoglio, proprio quando di orgoglio per quel cognome così infangato non gliene sarebbe dovuto restare.
Le residenze e la fortuna di famiglia erano state portate via ai figli di Benedict per ordine del Conclave. Gideon ricordava ancora il giorno in cui gli era stato rivelato che Tatiana aveva presentato un reclamo contro lui e Gabriel per l’‘omicidio’ del padre. Il Conclave aveva dapprima confiscato i loro possedimenti, e poi risolto la situazione: Tatiana Blackthorn aveva richiesto che le venisse ceduta tutta la fortuna di Benedict, insieme alla residenza storica della famiglia Lightwood che si trovava a Chiswick. Adesso lei era una Blackthorn, e non portava più un cognome corrotto. Tatiana aveva rivolto un mucchio di accuse contro i fratelli, durante il processo. I membri del Conclave avevano chiarito di comprendere che Gideon e Gabriel non avevano avuto altra scelta se non uccidere il mostro in cui si era trasformato il padre, ma che, parlando solo di cose tecnicamente vere, Tatiana poteva dire di avere ragione. Erano stati dunque inclini a cedere a lei l’intera eredità dei Lightwood, con la speranza che risolvesse la situazione.
“Mi batterò per impedirglielo,” aveva promesso Charlotte a Gideon, mentre stringeva tra le sue piccole mani la manica di lui e serrava le labbra.
“Charlotte, no,” l’aveva supplicata lui. “Hai così tante altre battaglie da combattere. Io e Gabriel non abbiamo alcun bisogno di quel denaro maledetto. Tutto questo non ha importanza.”
E all’epoca i soldi effettivamente non importavano.
Gabriel e Gideon avevano discusso della faccenda e deciso di non contestare i reclami. La sorella era rimasta vedova. Poteva pure restare a vivere a Chiswick, in Inghilterra, nella villa che era appartenuta ai Lightwood, o andarsene a Villa Blackthorn a Idris. Gideon si era augurato che lei e il figlio sarebbero stati felici. I ricordi di quella casa erano, per Gideon, nel migliore dei casi contrastanti.
E adesso che si trovava davanti alla porta d’ingresso, con la vernice quasi completamente scrostata e dei profondi solchi sulla superficie, come se un qualche animale selvatico avesse cercato di sfondarla. Magari Tatiana si era chiusa fuori, a un certo punto. Dopo qualche tempo, la porta si schiuse: dietro però non c’era sua sorella, ma un ragazzino di dieci anni dall’aria austera. Aveva i capelli color della mezzanotte di quel padre che non aveva mai incontrato, ma era alto per la sua età, esile e aveva gli occhi verdi.
Gideon strabuzzò gli occhi. “Devi essere Jesse.”
Il ragazzo assottigliò lo sguardo. “Sì,” rispose. “Jesse Blackthorn. E voi chi siete?”
Suo nipote Jesse, dopo tutto questo tempo. Gideon aveva chiesto più e più volte di vedere Jesse, quando era un bambino. Lui e Gabriel avevano cercato di visitare Tatiana dopo il parto, ma lei li aveva respinti entrambi.
Prese un profondo respiro. “Beh,” disse. “Si dà il caso che io sia tuo zio Gideon. Sono molto lieto di fare la tua conoscenza, finalmente.” Gli sorrise. “Ho sempre sperato di incontrarti.”
L’espressione di Jesse non si ingentilì. “Mamma dice che siete un uomo molto malvagio.”
“Io e tua madre,” spiegò Gideon con un sospiro, “abbiamo una storia molto… complicata. Ma i familiari dovrebbero conoscersi tra loro, e così pure gli Shadowhunters.”
Il ragazzo continuò a guardare Gideon, ma il suo volto si ammorbidì appena. “Non avevo mai incontrato un altro Shadowhunter,” confessò. “Oltre alla mamma.”
Gideon aveva immaginato questo momento per tanti anni, ma si ritrovò a corto di parole. “Tu sei… Capisci… Volevo dirtelo. Abbiamo sentito dire che tua madre non vuole che tu prenda i Marchi. Vogliamo che tu sappia… Siamo prima di tutto la tua famiglia, sempre. E se non desideri prendere i Marchi, il resto della famiglia ti supporterà in questa scelta. Con gli – gli altri Shadowhunters.” Non sapeva se Jesse mai nemmeno sentito la parola Conclave.
Jesse parve allarmarsi. “No! Lo farò. Voglio farlo! Sono uno Shadowhunter.”
“Lo è anche tua madre,” mormorò Gideon. Provò una lieve fitta di speranza. Tatiana sarebbe potuta sparire come Edmund Herondale, abbandonando completamente il Mondo Nascosto per diventare una mondana. A volte gli Shadowhunters lo facevano; sebbene Edmund avesse preso questa decisione per amore, Tatiana avrebbe potuto farlo per odio. Il fatto che fosse rimasta diede a Gideon un po’ di speranza, anche se, ne era certo, si trattava di una speranza insensata.
Si inginocchiò per avvicinarsi al ragazzo. Mentre allungava una mano verso la spalla di Jesse, Gideon esitò. Il ragazzo indietreggiò di un passo, evitando con naturalezza il suo tocco, e Gideon lasciò ricadere il braccio. “Sei uno di noi,” gli disse piano.
“Jesse!” La voce di Tatiana proveniva dalla cima delle scale nell’ingresso. “Allontanati da quell’uomo!”
Come se fosse stato punto da un ago, Jesse guizzò fuori dalla portata di Gideon e si ritirò in silenzio tra i recessi ombrosi della casa.
Gideon osservò con orrore sua sorella Tatiana mentre percorreva le scale. Indossava un abito rosa vecchio di più di dieci anni. Era macchiato con del sangue che, Gideon lo sapeva bene, era a sua volta più vecchio di un decennio. Il suo volto era smunto ed emaciato, come se quel cipiglio fosse stato inciso lì, senza subire alterazioni da anni.
Oh, Tatiana. Gideon si ritrovò sopraffatto da una strana miscela di compassione e disgusto. Questo non si può più chiamare dolore. È pura follia.
Gli occhi verdi della sua sorellina erano fissi su di lui, gelidi come se fosse un estraneo. Il sorriso di Tatiana era un coltello.
“Come puoi ben vedere, Gideon,” gli disse. “Sono vestita per ricevere ospiti. Non si sa mai chi potrebbe arrivare.”
Anche la sua voce era cambiata: era arrochita e stridula per il disuso.
“Sei venuto a scusarti?” continuò Tatiana. “Non troverai assoluzione per ciò che hai fatto. Il loro sangue è sulle tue mani. Quello di mio padre. Di mio marito. Sulle tue mani, e su quelle di tuo fratello.”
E perché mai?, avrebbe voluto chiederle Gideon. Non aveva ucciso il marito di Tatiana. Era stato il padre a farlo, trasformato dalla malattia in un’orribile creatura demoniaca.
Ma Gideon provò comunque vergogna e senso di colpa, oltre che lutto, e sapeva benissimo che era stata intenzione di Tatiana farglieli provare. Era stato lui il primo a tagliare i rapporti col padre e con la sua eredità. Benedict aveva insegnato loro che dovevano restare uniti a ogni costo, e Gideon invece se n’era andato. Suo fratello era rimasto finché non si era imbattuto in prove della corruzione paterna che non aveva potuto negare.
Sua sorella invece restava ancora adesso.
“Mi spiace che tu dia la colpa a noi,” le disse Gideon. “Io e Gabriel ti abbiamo sempre e solo augurato il meglio. Hai… hai letto le nostre lettere?”
“Non ho mai apprezzato la lettura,” mormorò Tatiana.
Inclinò il capo di lato, e dopo un istante Gideon capì che questo sarebbe stato il gesto più vicino a un invito a entrare. Varcò la soglia con fare nervoso e, dal momento che Tatiana non gli aveva immediatamente urlato contro, continuò a camminare.
Tatiana lo condusse in quello che un tempo era stato l’ufficio del padre, una scultura di polvere e putrefazione. Gideon distolse lo sguardo dalla carta da parati strappata, scorgendo sulla parete il pezzo di una scritta che diceva: SENZA PIETÀ.
“Grazie per avermi ricevuto,” le disse Gideon mentre si sedeva dall’altra parte della scrivania, di fronte a lei. “Come sta Jesse?”
“È molto delicato,” rispose Tatiana. “I Nephilim come te desiderano marchiarlo, perché vogliono uccidere il mio bambino così come hanno ucciso tutte le persone a cui tenevo. Fai parte del Consiglio, non è vero? Allora sei un suo nemico. Non hai il permesso di incontrarlo.”
“Non lo obbligherei a ricevere i Marchi,” protestò Gideon. “È mio nipote. Tatiana, se è davvero così malato, allora non sarebbe meglio farlo vedere ai Fratelli Silenti? Uno di loro è un caro amico, e potrebbe venire a visitare Jesse a casa nostra. E Jesse potrebbe conoscere i suoi cugini.”
“Bada agli affari tuoi, Gideon,” sbottò Tatiana. “Nessuno pensa che tuo figlio vivrà abbastanza da raggiungere l’età di Jesse, non è vero?”
Gideon rimase in silenzio.
“Suppongo che tu voglia far sposare Jesse con una delle tue figlie squattrinate,” aggiunse Tatiana.
Adesso Gideon si sentiva più confuso che offeso. “Le sue cugine di primo grado? Tatiana, ma sono tutti dei bambini…”
“Nostro padre ha pianificato delle alleanze per tutti noi, quando eravamo bambini.” Tatiana scrollò le spalle. “Quanto si vergognerebbe di te. Come sta la tua sporca servetta?”
Gideon avrebbe colpito qualunque uomo si fosse permesso di parlare di Sophie in questo modo. Sentì la rabbia e la violenza che aveva provato da bambino crescergli dentro, ma con gli anni aveva disperatamente insegnato a se stesso a mantenere il controllo. Adesso esercitò tutto quello che aveva. Lo stava facendo per Thomas.
“Mia moglie Sophia sta benissimo.”
Sua sorella annuì, quasi amabilmente, prima che il suo sorriso si trasformasse in una smorfia. “Basta con i convenevoli, adesso. Sei venuto a Chiswick per un motivo, non è vero? Dimmelo. So già di che si tratta. Tuo figlio probabilmente morirà, e vuoi del denaro per degli sporchi rimedi Nascosti. Sei venuto qui come un mendicante, col cappello in mano. Quindi supplicami.”
Era strano: l’evidente e innegabile follia di Tatiana rendeva i suoi insulti e le sue imprecazioni più facili da sopportare. Cosa diamine stava dicendo? Di che rimedi Nascosti parlava? E come potevano dei rimedi essere sporchi?
Benedict aveva distrutto anche Tatiana? Oppure era sempre stata così? La loro madre si era uccisa dopo che il marito le aveva passato una malattia demoniaca. E anche Benedict era morto per la stessa malattia, in disgrazia e orrore. Will Herondale poteva considerarle tutte delle sciocchezze, ma era possibile che fosse solo una coincidenza il fatto che il figlio di Tatiana e il suo fossero entrambi malati? Oppure c’era una qualche debolezza nel loro stesso sangue, una sorta di punizione dell’Angelo, che aveva visto i Lightwood per ciò che erano in realtà e li aveva condannati?
“Non ho bisogno di denaro,” chiarì Gideon. “Come ben sai, i Fratelli Silenti sono i migliori tra i dottori, e i loro servizi sono sempre liberamente a mia disposizione. E così anche per te,” aggiunse con enfasi.
“Sì, e allora?” domandò Tatiana. Inclinò leggermente il capo.
“I documenti di nostro padre,” le rispose in un unico fiato. “I suoi diari. Credo che la causa dietro alla malattia di mio figlio potrebbe essere lì.” Si rese conto di non voler pronunciare il nome di Thomas davanti a sua sorella, come se lei potesse decidere di fargli del male.
“Dell’uomo che hai tradito?” sputò Tatiana. “Non ne hai il diritto.”
Gideon si piegò davanti alla sorella. Si era preparato a quest’eventualità. “Lo so,” mentì. “Sono d’accordo. Ma mi servono, per il bene di mio figlio. Tu hai Jesse. Qualunque siano i problemi tra di noi, devi almeno capire che potremmo voler bene entrambi ai nostri figli. Devi aiutarmi, Tatiana. Ti supplico.”
Aveva immaginato che Tatiana avrebbe sorriso, o riso con fare crudele, ma lei si limitò a guardarlo con lo sguardo impassibile e distratto di un serpente pericoloso.
“E cosa farai per me?” gli chiese. “Se ti aiuto?”
Gideon poteva tirare a indovinare. Tenere il Conclave lontano da lei, per consentirle di fare come desiderava con Jesse, tanto per cominciare. Ma, vista la follia di Tatiana, era difficile immaginare cosa avrebbe chiesto.
“Tutto,” le rispose con voce roca.
Sollevò il capo e la guardò, guardò gli occhi verdi di sua madre sul volto spietato della sorella. Tatiana, che aveva sempre preferito rompere i suoi giocattoli piuttosto che condividerli. Così come al padre, anche a lei mancava qualcosa.
Adesso gli sorrise. “Ho proprio l’incarico perfetto,” disse.
Gideon si preparò mentalmente.
“Dall’altra parte della strada, di fronte alla villa,” cominciò a spiegargli, “c’è un mercante mondano. Quest’uomo ha un cane, di dimensioni insolite e temperamento aggressivo. Lascia spesso che il cane scorrazzi per il vicinato, e ovviamente lui viene qui a fare dei dispetti.”
Ci fu una lunga pausa. Gideon strabuzzò gli occhi. “Il cane?”
“Viene sempre a creare problemi nella mia proprietà,” latrò Tatiana. “Scava nel giardino. Uccide gli usignoli.”
Gideon era assolutamente certo che Tatiana non curasse nessun giardino. Aveva visto lo stato della proprietà: era lasciata lì a sgretolarsi come un monumento al disastro, proprio come la casa.
Di sicuro non c’erano usignoli.
“Ha reso la serra un disastro,” continuò lei. “Ribalta gli alberi da frutta, lancia rocce attraverso le finestre.”
“Il cane,” ripeté Gideon, per esserne certo.
Tatiana puntò il suo sguardo penetrante su di lui. “Uccidi il cane,” disse. “Portami una prova che mi dimostri che l’hai fatto, e avrai i tuoi documenti.”
Seguì un lunghissimo silenzio.
Gideon domandò: “Cosa?”.
[…] su Gideon (e Will e Tatiana) cominciato il mese scorso? Qualora vi foste persi la prima parte, la trovate cliccando qui; a tutti gli altri auguriamo buona lettura. ;P Fateci sapere che ve n’è parsa di questa […]
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